lunedì 13 giugno 2016

Salk'a tra selvaggio e sublime



Due direzioni del medesimo ‘asse’ 
                 secondo cui si sviluppa il ‘percorso’ salka.                     
Il contatto con la radice della vita naturale;  
la meraviglia nell’aprire la coscienza al mistero dell’esistenza nel Cosmo infinito.



 “ Selvaggio, parola usata non nel moderno senso peggiorativo di incontrollato, 
ma nel suo senso originale, che significa vivere una vita naturale, 
in cui la creatura ha la sua integrità innata e sani confini.”  (C. P. Estes)


La ‘natura selvaggia’  è depositaria di energie vitali e fonte di esperienze dove sono importanti la solitudine e il silenzio, come rispetto e come condizione di un ascolto più profondo (di sé) o espanso (alle forze naturali ), nella meraviglia che deriva dal sentire la risonanza interiore con la natura. 

La risonanza interiore con la natura selvaggia produce la meraviglia ed apre l’esperienza umana al senso del sublime.




...” Quale rapporto abbiamo oggi  con una natura  
solo in piccola parte addomesticata? 
Come il sublime  può continuare a svolgere la sua funzione 
di salvarci  dall’ottusità intellettuale e dal torpore emotivo 
sollevandoci dalla banalità del quotidiano ?  “ ...
                                                                      
                                   Remo Bodei, “ Paesaggi sublimi. Gli uomini davanti alla natura selvaggia”  


“ Quando il cielo al di sopra di me formicola di innumerevoli stelle, 
quando il vento soffia nello spazio immenso, 
quando l’onda si frange mugghiando nella notte profonda, 
quando l’etere arrossisce al di sopra della foresta e il sole rischiara il mondo, 
dei vapori si alzano nella valle e io mi stendo sull’erba tra gocce di rugiada scintillante, ogni foglia, ogni filo d’erba deborda di vita, 
la terra vive e si agita attorno a me, 
tutto risuona assieme in un solo accordo; 
allora la mia anima grida di gioia e plana 
nello spazio incommensurabile tutt’intorno; 
non esiste più nè alto nè basso, non esiste più tempo, 
non esiste più nè inizio nè fine, 
sento il soffio vivente di Dio che tiene in mano il mondo
 e in cui ogni cosa viva si muove “
                                                                                                                          (Philipp Otto Runge – lettera 1802)



sabato 20 febbraio 2016

Waykis

    
 da ‘wayki’ – fratello in lingua quechua- termine utilizzato da don Americo per esprimere una relazione di fratellanza affettuosa tra coloro che condividono le esperienze della mistica andina 



Uomini e donne allacciano  i fili del tessuto della vita, 
ricuciono gli strappi al vestito di luce di ogni essere 
per restituirlo alla sua integrità.
 Collaborano al flusso che unisce la Terra al Cielo, 
accogliendolo come l’aria nel vuoto del flauto, 
come vibrazioni nelle corde d’arpa tese tra radice e infinito. 
Non vi è musica più importante, 
non vi è strumento meno valido: 
solo diverse attitudini, talenti o caratteristiche personali.
 Allora il confronto non è giudizio, 
e lo scambio parte dall’umiltà,
 “ da cuore a cuore”. 
Le differenze divengono complementarietà, 
ognuno può essere così utile all’altro per completarlo, 
creando insieme un ‘tao’ nell’unità e nella mutevolezza.  
Waiki  è quando riconosco l’altro come simile, 
che come me soffre e gioisce di fronte al mistero della vita. 
Chi è nel cammino dell’aprirsi all’energia basilare  salk’a, 
come forza e come bellezza, 
e sa condividerla. 
Chi sa goderne e anche arriva
 a ‘soffrire la hermosura della vita’,
 una bellezza così grande, incontenibile, 
da divenire quasi dolorosa (cit. Don Americo).



Don Americo brinda agli Apus dell'altopiano andino, insieme alle mamachas e ai dignitari Q'ero - foto di Gayle Yabar

venerdì 15 gennaio 2016


 “Per quanto viviamo prevalentemente nella dimensione 'addomesticata' ,
 pure conserviamo dentro di noi il senso della dimensione selvaggia,
 il sentimento di una libertà che è l'essenza della creazione. 
Quando si parla di salka , stiamo parlando di un potere derivato dalla bellezza, 
la vitalità, la grazia, e la disponibilità a incontrare la vita con tutto il nostro essere.” ( Don Americo Yabar)


In contatto con Pachamama e il Cielo - Gayle Yabar, Perù



Una visione  che si potrebbe ascrivere all’ambito dell’ecospiritualità, un’intima esperienza della relazione tra sé e  l’ambiente, in una forma di contatto libero e diretto con la natura, dove si rispecchia l’armonia interiore.

Un’esperienza che accomuna esseri e cose sia nella realtà quotidiana ‘ordinaria’, 
sia in una dimensione ‘ulteriore’ invisibile  e trascendente.                                                                                            
 Il contatto interiore con questa realtà è centrale, diretto,  e si colloca  nell’ambito delle esperienze mistiche. Questa ricerca spirituale avviene in una dimensione meditativa che si sviluppa al di là della percezione e della comprensione razionale, per giungere invece a ‘ toccare’ il mistero. 

Una fonte e una forma diversa di  conoscenza e di armonizzazione interiore.